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TRE COLORI - FILM BIANCO
(TROIS COULEURS: BLANC)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 4 febbraio 1994
 
di Krzyzstof Kieslowski, con Zbigniew Zamachowski, Julie Delpy, Janusz Gajos, Jerzy Stuhr, Grzegor Warchol (Francia - Polonia, 1993)
 

Sui tre colori della bandiera francese, le tre idee della Rivoluzione: tre film distinti, girati di seguito in Francia, in Polonia ed a Ginevra, con squadre, attori, operatori diversi, il blu della Libertà, il bianco dell'Eguaglianza ed il rosso della Fraternità...

Lontano dall'urgenza della realtà polacca, in una dimensione produttiva così diversa dall'umiltà domestica, BLU, il primo film della trilogia, sembrava aver perso - nelle sottolineature ampollose di un discorso stilistico che finiva per evidenziarne il moralismo misticheggiante - le coordinate affascinanti di uno sguardo cinematografico tra i più raffinati in circolazione. Quello che aveva dato alla luce opere come SENZA FINE, IL CASO o IL DECALOGO. Con BIANCO, Kieslowski è ritornato a girare in Polonia. E, come per incanto, sembra ritrovare tutta la sua insopprimibile ironia: e quella semplicità, quell'umiltà che gli permettono di fuggire la grandiloquenza, di essere vicini ai casi quotidiani, per uscirne imprevedibilmente - come la luce attraverso quei prismi che la sua cinepresa predilige - ed intraprendere allora i cammini più misteriosi. Quel contatto con la realtà che gli serve - osservata così da vicino, con l'attenzione magnificata di un entomologo - per sfociare nel mistero e nell'astrazione. Per riuscire a parlare della storia dell' uomo qualunque; ed, al tempo stesso, di quel Caso che finisce per coinvolgerci tutti.

L'uso di un colore, così sistematicamente simbolico in BLU, ritrova qui tutto il suo significato: bianco è il colore di un rituale d'accompimento - quello matrimoniale - al quale si riferisce di continuo Karel, il protagonista. Ma bianco - non consumato - pare sia stato questo matrimonio: perlomeno se vogliamo dar retta a quanto racconta in tribunale Dominique, la giovane sposa parigina che vuol disfarsi del timido, imbranato parrucchiere immigrato. E bianca di neve, anche se ormai sporca, è la Polonia: alla quale finisce per ritornare il marito respinto, in attesa di una più o meno inattesa rivincita (è il solito tema kieslowskiano: aiutati che... il caso t'aiuta). E se il regista dissolve nel bianco quell'istante di compiutezza sessuale che sembrava negato ai protagonisti, è perché solo nel bianco - neutrale, non-colorato - si definisce il concetto così indefinito, e ahimè indefinibile, d'Eguaglianza che detta il tema al film. "Sono convinto che gli uomini siano assolutamente incapaci di Eguaglianza; ma avevo voglia di fare un film più allegro di BLU... Non penso di poter cambiare il mondo, ma che un individuo possa influenzare sensibilmente il corso della propria esistenza. BIANCO è un film sull'impotenza: ma anche quella su un uomo che - a forza di volontarismo - riprende la propria vita in mano, pur completamente sottomesso ai capricci del Caso".

La forza di BIANCO, rispetto a BLU, è di saper parlar di tutto ciò con una leggerezza quasi maliziosa: camuffando il mistero dell'intimo in un complotto dei sentimenti. In un thriller che ognuno è libero di seguire come meglio gli aggrada.


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